QUALCOSA SERIES
LA FAMIGLIA (16 DICEMBRE 2021)     v.8

La funzione era ormai finita e il carro funebre era pronto a partire. La piccola folla che aveva assistito baciò, abbracciò, salutò e poi, tranquillizzata per aver compiuto il proprio dovere, si distribuì verso i propri affari.
Erano rimasti davanti alle scale della chiesa solo i tre fratelli, che avrebbero seguito in auto il carro fino al cimitero per l'ultimo saluto all'anziana madre. Dopo un contorto tragitto, i tre si trovarono all'inizio di una salita fiancheggiata sulla sinistra da una murata dietro cui già si vedevano i tettucci delle cappelle e croci piccole e grandi che spuntavano come antenne. E lì parcheggiarono.
Quello era il muro del cimitero, ma non di un cimitero qualsiasi, bensì del cimitero monumentale! Il cimitero monumentale è davvero monumentale, talmente monumentale che il suo influsso, come un'abbondante pennellata d'acquerello sulla carta assorbente, si spande oltre le pur alte mura che lo delimitano, permeando anche il circondario. Ed infatti già da lì si avvertiva una certa atmosfera, resa palpabile dalle tante piccole botteghe di fiori e qualcuna di lapidi che stavano in fila dall'altro lato della strada.

Poco più su si apriva il monumentale ingresso. Appena entrati però, il commesso a cui si erano rivolti comunicò loro che non sarebbe stato possibile accedere al luogo prima delle 14. Era da poco passato mezzogiorno e la cosa non fu presa bene dai tre, che cominciarono a lamentarsi dell'inaccettabile notizia.
Ma ben presto fu chiaro che non si poteva fare altrimenti e la notizia fu accettata. Andare a casa per poi tornare non si poteva, perchè non c'era abbastanza tempo. Si doveva aspettare. Su quel triste ingresso, che non stava nè dentro il cimitero nè fuori, pascolava un gran numero di persone dolenti, grigie, anzi scure e quello spettacolo non aveva un buon effetto sui tre, soprattutto sulla sorella. Così, quello più intraprendente propose che invece di restare lì impalati a prender freddo, sarebbe stato meglio andare a mangiare qualcosa. L'idea fu mestamente accettata dagli altri, ma nessuno di loro aveva mai frequentato quella zona - che aveva antica nomea di malaffare - quindi nessuno sapeva dove andare. Decisero comunque di avviarsi lungo la salita, certi che qualcosa avrebbero pur trovato. "Arriviamo in alto! Là c'è un incrocio e ci sarà sicuramente un ristorante!"
Ma arrivati su, di ristoranti non ce n'era l'ombra. Per fortuna stava lì, fermo come un vigile, un signore con una maglia aderente che metteva in mostra una bella pancia rotonda. Alla domanda se ci fosse nei paraggi un ristorante alla buona, quello rispose senza indugi: "Da Papà! Se prendete quella scesa, ve lo ritrovate sulla sinistra!". "Grazie!" "Grazie!" "Grazie!" ribatterono i tre e si avviarono.

Questa strada era più grande della precedente, con una doppia carreggiata e larghi marciapiedi dissestati, delimitati a sinistra e a destra da alte cancellate che proseguivano fin dove si poteva vedere la strada, che poi svoltava in un curvone. Cancellate vecchie, scrostate e dietro queste stavano esposti su vasti spiazzi un'enorme quantità di vasi e decorazioni di terracotta, blocchi di marmo, pietre, statue di gesso, tutti sdruciti da anni e anni di silenziosa guardia. Ogni tanto poi, quasi invisibili tra queste cancellate, si aprivano porticine che dovevano essere gli ingressi delle varie attività, ma non avevano alcuna insegna ed erano tutte serrate.
I tre continuavano a scendere lungo la strada, ma il ristorante non si vedeva e neppure Google Maps era d'aiuto: ad uno diceva che era davanti a loro, ad un altro che era distante chilometri. "Dovremmo chiedere" diceva quello più intraprendente, "Dovremmo tornare indietro!" dicevano gli altri due ed in effetti il tempo si stava riducendo. Sulla strada passava di tanto in tanto qualche auto, ma di persone nessuna, a parte un gruppo di operai che lavorava rumorosamente in cima ad un edificio. L'unico essere vivente in vista era una figura sull'altro marciapiede, che veniva dal lato opposto zoppicando. Finalmente avrebbero potuto chiedere informazioni. Però, più questa si avvicinava e più l'idea di avvicinarlo si allontanava: dal suo cappotto liso sporgeva un'enorme pancia, il volto sembrava di un giovane ma aveva un brutto colorito verde, i denti gli sporgevano storti fuori dalla bocca e gli occhi cerchiati di nero sembravano strabici. Il tipo proseguì dritto senza notarli. Stufi, i due meno propensi tra cui la sorella si fermarono, ma quello che stava più avanti subito si voltò e gli fece segno di raggiungerlo.

Erano arrivati. Ora stavano davanti ad una di quelle porticine che si aprivano tra le inferriate e sopra la traversa stava un piccolo cartello scritto a mano che diceva "Da papà". I tre, forse per la fretta o forse per la gioia di aver trovato segni di vita, entrarono con impeto, ma quando si accorsero di essere finiti in un tugurio vuoto, subito si bloccarono, accarezzando l'idea di tornare indietro.
Non ne ebbero il tempo, da una porticina aperta in fondo alla stanza comparvero una signora di mezza età e un giovanotto, che li accolsero con grande calore e li fecero accomodare senza tanti complimenti a uno dei tavoli liberi. Solo un altro tavolo era occupato, ci stava seduta una ragazzina che giocava con un cellulare, una ragazzina il cui aspetto - sembra melodrammatico ma è così - lasciava capire che aveva problemi mentali.
"Allora" cominciò la signora con fare pomposo e un grande sorriso "Noi vi proponiamo il piatto speciale della casa: il nostro spaghetto alle vongole!"
"Ma non quello che trovate negli altri ristoranti eh?!" precisò orgoglioso il giovanotto "Tutta n'ata cosa, questa è una ricetta antica, antichissima, che nessuno se la ricorda più, una ricetta di famiglia!"
"Si, ma ci farebbe piacere una cosa veloce, visto che abbiamo fretta" "Ah, beh" rispose il giovanotto "noi cuciniamo tutto sul momento! Ogni piatto è fatto appositamente per la persona che ce lo chiede! Le cose si fanno senza fretta, perchè la fretta non serve a niente... Ma in dieci minuti è pronto".
Il calore dell'accoglienza aveva rinfrancato i tre fratelli, che accettarono la proposta e cominciarono a rilassarsi. Certo, l'ambiente era piccolo, scuro e sicuramente poco igienico, ma pittoresco. Anche il vino, sempre di loro produzione, era gradevole. E cosi i tre, sorseggiando in attesa del piatto, cominciarono di nuovo a parlare della disgrazia che gli era capitata e dei problemi da risolvere.

Avevano appena cominciato, quando la porta si aprì e comparve l'uomo orribile che avevano visto poco prima sul marciapiede di fronte. I tre inquieti, attendevano la reazione dei padroni di casa, che certo avrebbero preso provvedimenti. Ma questi non lo calcolavano, era come se non lo vedessero, come se non esistesse. Anche la ragazzina non ci fece caso. I tre si guardavano tra loro, mentre il tipo gli passava zoppicando di lato per andarsi a sedere ad un tavolo vicino. "Massì, sarà un avventore" pensarono, ma nessuno si avvicinò a lui come avevano fatto con loro. I due ristoratori infatti continuavano a fare il loro lavoro, entrando e uscendo dalla cucina senza badargli e così in breve i loro piatti arrivarono al tavolo.
C'erano in quei piatti certe vongole nere come il carbone e lunghi spaghetti bianchi. I tre cominciarono ad assaggiare diffidenti e intanto seguivano con la coda dell'occhio il nuovo arrivato. Questi si era voltato all'indietro verso il muro, dove erano appoggiati svariati oggetti vecchi e quando si rigirò aveva in braccio un oggetto, una chitarra. La guardava con i suoi occhi strabici e neri, la toccava con le mani sporche e con quelle fece vibrare una corda, poi un'altra. Subito, si alzò una bella voce che iniziò un canto addolorato. I tre alzarono la testa dal piatto e si girarono verso la porta, certi che fosse improvvisamente arrivato un cantante. Invece era sempre lui, che ora cantava con i denti scoperti e gli occhi chiusi una canzone che diceva "Nun me lassà!". Un pò sconcertati i tre fratelli ripresero a mangiare. Quegli spaghetti erano buonissimi ma anche lunghissimi, dovevano spezzarli coi denti e poi li ingoiavano in fretta. E mordevano e ingoiavano e lentamente il piatto si svuotava. Intanto quello cantava sempre più forte, sempre più addolorato, sempre meglio.
Quando ebbero finito, nei piatti erano rimaste solo le vongole nere. Nello stesso momento anche il giovane terminava la canzone e taque. Per gentilezza i tre fratelli avviarono un applauso incerto e inaspettatamente a loro si unirono anche la signora e il giovanotto, commossi. Anche la ragazzina si unì all'applauso e la signora le si accostò. Terminato, rimase nella stanza un silenzio tranquillo, così i tre si alzarono lentamente, ringraziarono, pagarono il conto, salutarono e uscirono fuori.

Rimasero fermi davanti all'ingresso, calmi si guardarono intorno e notarono che c'era il sole. E che c'era anche il vento. Poi uno disse "E allora, che facciamo?" ma non aveva neppure finito di dirlo che si ricordò: "Accidenti! Abbiamo dimenticato di pagare il giovane per la canzone! Vedete se avete qualche spicciolo!". Gli altri due si cercarono in tasche e borse e gli diedero alcune monete, così quello rientrò con calma nel tugurio.
Quando uscì era tutto agitato e gridava "Andiamo! Presto! Dobbiamo correre, altrimenti arriveremo in ritardo!"