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GATTI NERI     v.2

Come si racconta, dopo il decesso dei rispettivi corpi, le anime ancora calde si distaccano da questi e lasciano la terra, chiamate verso luoghi spirituali.

Ma al signor X (di cui non faremo il nome per motivi di privacy) non accadde lo stesso.
Quando morì, fu sepolto nel grande cimitero cittadino con un'asciutta cerimonia. Le poche persone presenti, i cui abiti inadatti all'occasione indicavano la natura improvvisa dell'evento, ben presto se ne andarono e lo lasciarono da solo, nella terra. E lì, nel suo corpo irrigidito, rimase anche l'anima del signor X, contenta di non doversi più assumere responsabilità morali per quello che la materia faceva o non faceva. In attesa della chiamata. Chissà se sarebbe arrivata dal paradiso o dall'inferno, o dai pascoli celesti, o dal nirvana o da qualche altro posto spirituale.
Ma la chiamata non arrivava.
Arrivò invece, il freddo umidiccio e pungente della notte di novembre. L'anima del signor X avvertì che si stava raffreddando e, poichè nessun testo ne parla, non aveva idea di cosa sarebbe accaduto quando si fosse completamente raffreddata. Così, come accade a certi innamorati abbandonati, comprese che non era il caso di aspettare ancora e si decise ad uscire dal suo corpo per cercare qualcosa che potesse darle calore.

Era buio pesto.
Si può immaginare che cercare calore in una citta di morti non è facile, soprattutto in quelle ore in cui il sentimento di compassione e ricordo dei vivi per i defunti si trasforma - diciamolo - in un sentimento molto meno rassicurante: la paura. Infatti quella notte nel cimitero non c'era, come si dice, neanche un cane.
La coscienza del signor X perciò vagava in una ricerca frettolosa e confusa tra i tumuli accalcati dei poveri senza memoria e le severe cappelle gentilizie, davanti alle sedi di arciconfraternite e di arcisuperconfraternite, tra fotografie in bianconero e portafotografie bianchi e neri, tra frasi di duro rimpianto e di elogio formale, frasi lunghe, semplici parole... Ma inutilmente.
Con il passare del tempo, la povera anima diventava sempre più fredda. Sentiva che non avrebbe avuto ancora molto tempo e stava per perdere le forze e le speranze, quando udì un miagolio. Un grosso gatto nero aveva avvertito la sua presenza e lo guardava dall'alto del pietroso muro di cinta. La coscienza del signor X non ci pensò due volte e, a dimostrazione che l'ignoranza che possedeva in vita era rimasta intatta nonostante il trapasso, preferì quel corpo scomodo ma sicuro al destino dubbio che spetta alle anime che non ricevono chiamate. Non fu difficile. Come la letteratura insegna, c'è una gran differenza tra l'anima umana e quella animale. Anche se la parola anima sembra fatta apposta per gli animali, il lettore sa che l'anima umana è immortale e potente e quindi può ben permettersi di prendere per le orecchie una misera coscienza mortale come quella del gatto e sbatterla fuori dal suo corpo senza troppi complimenti.

Per ora mettiamo da parte la storia dell'anima del signor X che si è sistemata nel corpo del gatto nero e occupiamoci della coscienza di quel povero gatto che, allontanata dal proprio corpo, si trovò costretta a cercare un nuovo alloggio.
E' facile capire che un'anima mortale come quella del gatto in questione, sfrattata dal suo corpo, si ritrova in grandi difficoltà a sfrattarne un'altra in quanto gioca fuori casa, mentre le altre sono ben barricate nei loro corpi e non hanno nessuna intenzione di cederli. Dopo vari tentativi falliti sui suoi simili, comprese di non essere abbastanza forte e di dover cercare altrove; Ma a chi avrebbe avuto la forza di sfrattare la coscienza? Forse ad un lornbrico, ad una lumaca?
Mentre si poneva questi inquietanti interrogativi sul suo aspetto futuro e sperando di non incontrare un topo, aveva appena oltrepassato le mura nere del cimitero quando vide una luce. Era la finestra della misera casa del custode e, avvicinandosi, all'interno vide che c'era un uomo di mezza età, magro e malandato, disteso su un misero lettuccio. Un gatto non sa a cosa serve l'alcool, ma se l'avesse saputo avrebbe capito dalle varie bottiglie vuote sparse intorno al letto che l'uomo era completamente ubriaco. La coscienza del gatto nero era allo stremo e, seguendo lo stesso ragionamento del signor X, si infilò in quel corpo senza pensarci due volte. Subito riprese calore e forza, così prese delicatamente in braccio l'ignara anima sbronza dell'uomo e la depositò sul materasso, al fianco del corpo che gli apparteneva. Se la coscienza dell'uomo fosse stata sobria, si sarebbe svegliata e l'avrebbe ricacciato senza difficoltà. Ma, cotta completamente dai fumi dell'alcool, non si svegliò. Svanì senza accorgersene, forse approfittando della chiamata che era arrivata in ritardo e che spettava al signor X. La coscienza del gatto nero dunque era la nuova inquilina di quel corpo.

Vi siete mai chiesti come si senta l'anima di un gatto nel corpo di un uomo? La letteratura non ne parla molto ed allora ve lo diciamo noi.
Per prima cosa, rimase intronato fino all'alba per i residui della sbronza, che solo la mattina dopo gli concesse un pò di lucidità. Pur ancora intontito, capì che con quel gesto si era giocato la sua posizione sociale all'interno del branco: i gatti non lo avrebbero più accettato tra loro perché non avrebbero più riconosciuto la sua fisionomia e il suo odore. Soprattutto, si rese conto che neanche le gatte lo avrebbero voluto più ed anche se avessero voluto... Fu traumatizzato dall'idea che avrebbe dovuto confrontarsi con le femmine degli uomini, per le quali provava una certa repulsione, soprattutto a causa di quell'assurdo odore che le seguiva dappertutto. Lui le conosceva bene; Tornò con la memoria a quel giorno lontano di cucciolo quando, mentre attendeva con impazienza che la madre tornasse con qualche cavalletta o lucertola da sgranocchiare, una ragazzina comparsa da chissà dove, si prese la briga di catturarlo e, nonostante le sue vivaci proteste, di portarlo a casa in qualità di "cucciolo abbandonato che altrimenti sarebbe sicuramente morto". Lo tenne segregato per due mesi finchè un giorno, essendo calato l'interesse del piccolo mostro nei suoi confronti, riuscì ad evadere. Per questo evitava le donne con la stessa attenzione con cui evitava i cani.
Subito dopo tuttavia, si rese conto che se anche avesse voluto, anche gli uomini - come del resto le donne - non lo avrebbero mai accettato, perché non comprendeva la loro lingua e i loro costumi.
Inoltre, non sapeva se sarebbe riuscito ad abituarsi alle caratteristiche fisiche del corpo in cui si trovava. Per esempio, si rese conto che salire sui tetti era molto più pericoloso di prima (anche perché alcuni non reggevano il peso), che rizzare il pelo faceva molto meno effetto e che fare la pipi per strada era assolutamente da evitare. Ma con il tempo la coscienza del gatto nero dovette riconoscere che abitare all'interno di un corpo umano aveva anche alcuni vantaggi: per esempio, la gente non si grattava più quando attraversava la strada, poteva prendere a calci i cani ed anche i suoi ex simili che gli stavano antipatici.
Scoprì anche che con gli uomini i topi sono meno sospettosi e che ci sono addirittura posti in città, come sotto i ponti per esempio, dove topi e uomini vivono insieme e basta fermarsi un attimo per vederseli gironzolare tranquilli tutt'intorno: dovevano essere i luoghi che gli uomini chiamano ristoranti. Ogni tanto andava in quei posti, si mescolava al branco di umani presenti e faceva una scorpacciata di topi senza doverli neppure inseguire. Dovette però imparare a mangiarli in luogo appartato perchè, a quanto pare, mangiarli davanti a tutti, nel galateo umano non è considerato educato. Lo aveva capito dal fatto che gli umani presenti si astenevano dal farlo e, quando lui lo faceva, lo guardavano in modo strano e si allontanavano, alcuni vomitando.
Così, a poco a poco, cominciò ad adeguarsi alla sua nuova condizione. Dopo un certo tempo dedicato a rimettere in salute quel corpo malandato, imparò ad arrampicarsi abbastanza agevolmente grazie al suo senso innato dell'equilibrio. Imparò a vestirsi e ad evitare i luoghi pericolosi. Così, escluso il fatto che nè le gatte nè le donne lo volevano, la sua vita divenne più che accettabile.

Finché, un giorno che passeggiava alla periferia del suo territorio, gli passò davanti un gatto. Un gatto nero. Dopo un primo momento in cui abbozzò un gesto scaramantico, osservò meglio e gli sembrò di vedersi allo specchio; Si rese conto che quello era lui, o meglio, che quello era il suo corpo, anche se magro e sporco. Con un balzo gli fu addosso. Vi fu una battaglia furibonda ma, mentre lui, nella speranza di recuperare il suo corpo, non affondava i colpi per non danneggiarlo, l'anima del signor X nel corpo del gatto nero, dopo una confusa colluttazione che li vide rotolarsi tra la spazzatura della strada, gli lasciò sul viso più di un segno indelebile e scappò via.
Quando il nostro amico si rialzò sanguinante e con i vestiti rovinati, fu costretto ad un'amara considerazione: i gatti neri portano veramente male.