FANTASTIC
SPECIE DOMINANTE v.4
Il dottor Virgili aveva finalmente ottenuto gli arresti domiciliari.
Ma non era una buona notizia, negli ultimi tempi una malattia aveva minato la sua salute a tal punto da rendergli insostenibile la vita del carcere. La motivazione del giudice infatti recitava: "Viste le gravissime condizioni di salute del soggetto, si autorizza il suo trasferimento presso la di lui abitazione. Si richiede sorveglianza continua all'ingresso del suddetto edificio fino a nuove comunicazioni".
Il dottore viveva al terzo piano di un edificio in un popoloso quartiere della città ed era in condizioni così critiche che fu necessario effettuare questo spostamento in ambulanza.
Lo portarono a casa, lo sistemarono nel suo letto e lo affidarono alle cure di un'infermiera che aveva il compito di verificare quotidianamente le sue condizioni. Ma due giorni dopo, passando per la visita mattutina, l'infermiera trovò l'appartamento vuoto. L'uomo era sparito.
La signora riferì agli investigatori che lo aveva visto l'ultima volta la mattina del giorno prima e dal canto loro gli addetti alla sorveglianza, che si erano succeduti sotto il palazzo ventiquattr'ore su ventiquattro, garantivano che certo non era uscito dall'ingresso. Le indagini inizialmente ipotizzarono un suo rapimento, ma successivamente appurarono che non risultavano tracce nè di colluttazioni, nè di terze persone e che pertanto il dottore doveva essersi allontanato di sua iniziativa, passando attraverso i tetti. Dalle tracce risultò infatti che aveva preso l'ascensore fino all'ultimo piano e da qui aveva fatto l'ultima rampa a piedi. Poi era uscito sulla terrazza, aveva scavalcato la balaustra che portava ad una superficie coperta di tegole e da lì si era calato su un ballatoio che si collegava con alcune travi di metallo all'edificio adiacente. Su quello però la porta di accesso alle scale risultava chiusa dall'interno. Da qui le tracce erano insufficienti e quindi si ipotizzava che avesse continuato a spostarsi, fino a trovare una porta aperta da cui sarebbe poi sceso dalle rampe, per uscire sulla strada da un'altro portone, così da non essere visto dagli uomini della sicurezza.
Il fatto che dovesse scontare altri cinque anni rendeva la cosa plausibile, ma quelli della polizia che conoscevano le sue condizioni di salute, rimasero increduli quando analizzarono il percorso: il tragitto era fattibile per una persona normale, ma come aveva potuto farlo un uomo in fin di vita, che riusciva a stento a stare in piedi?
Si tornò a parlare con l'infermiera, che però confermò il pessimo stato di salute del paziente e affermò che certamente non sarebbe stato in grado di fare quel percorso.
Un mistero.
Tuttavia, tra il rilascio del dottore e la sua scomparsa era avvenuto un evento apparentemente irrilevante: la visita di una sua ex allieva.
Prima della reclusione, il dottor Virgili era tecnico di laboratorio presso una facoltà scientifica.
Tipo stravagante sia nell'abbigliamento che nel modo di fare, i suoi guai erano iniziati quando tra gli studenti cominciò a girare un video in cui il tecnico raccontava ad un ragazzo la sua teoria secondo cui viveva in mezzo a noi una specie che non era stata ancora scoperta. La cosa era stata presa con ironia dai ragazzi, che si giravano il video per farsi quattro risate.
Ma anche il rettore venne a sapere della cosa. Così lo chiamò a colloquio e provvide a fargli una bella lavata di capo, con relativo richiamo ufficiale.
Tuttavia, non tutti avevano ritenuto bislacca la sua affermazione. Uno degli allievi, una ragazza attenta e poco socievole, sembrava interessata all'argomento ed aveva cominciato a fargli domande in merito. Inoltre, si offriva di fargli da assistente quando c'era lezione nell'aula del laboratorio e, a poco a poco, era diventata sempre più esperta nel manovrare le sostanze chimiche usate per gli esperimenti, fino a diventarne una sorta di collaboratore informale.
Durante la ricreazione i due si vedevano nel cortile e il dottore le raccontava pezzetti della sua teoria. Secondo lui, questa specie era rimasta sconosciuta perchè i suoi componenti non erano percepibili nè con i sensi, nè con altri strumenti. Erano invisibili. La loro esistenza gli risultava da una serie di fatti, che però si rifiutava di esporre. Le confidò infine che il suo progetto era quello di ideare e costruire uno strumento che gli permettesse finalmente di vedere quegli esseri. Alla ragazza la cosa sembrò interessante e così i due si misero a lavorare a quel pazzo progetto, sia nel laboratorio della scuola, sia a casa di lui.
Ma il comportamento sempre stravagante del tecnico e questa sua idea che non si curava abbastanza di nascondere, diedero adito a voci poco benevole nei suoi confronti. Voci che spinsero la scuola ad avviare un'indagine interna.
Quando, a seguito di questa indagine, si scoprì che il tecnico lavorava ad un oscuro progetto e che perdipiù aveva coinvolto in questa storia anche una studentessa, ci fu un gran casino e il poveretto venne licenziato senza tanti complimenti.
A quanto pare il dottor Virgili non prese bene la cosa. Usciva sempre meno e si diceva che di notte facesse strane cose in casa. Sempre più solo e povero, per i suoi vicini e conoscenti era ormai un personaggio misterioso e pericoloso, una specie di mister Hide.
Questo stato di cose raggiunse il culmine quando un giorno si presentò in un ospedale della città con una pistola in pugno e cominciò a sparare all'impazzata. Nessuno si fece male, ma quest'azione scriteriata portò prima ad una procedura per tenerlo sotto osservazione, e successivamente ad una sentenza del Tribunale, che lo ritenne colpevole di tentata strage, parzialmente incapace di intendere e di volere e socialmente pericoloso. Il risultato fu una condanna a nove anni di reclusione.
Questo era l'antefatto.
Prima di questo, eravamo rimasti al punto in cui il tecnico, praticamente in fin di vita, torna a casa e dopo due giorni scompare. Ma avevamo anche accennato ad una visita avvenuta il giorno prima della scomparsa.
Ovviamente, la polizia interrogò insistentemente la ragazza che era andata a trovarlo. Ma questa si ostinava a raccontare una storia inverosimile.
Secondo la ragazza, l'ex tecnico di laboratorio l'aveva telefonata chiedendole di passare a trovarlo e l'aveva pregata di portargli una certa polvere che avrebbe trovato in un determinato armadietto del laboratorio scolastico.
Al suo arrivo, l'uomo le era apparso subito in pessime condizioni. Era riuscito a stento ad aprirle la porta e dopo averla fatta accomodare, era tornato con gran fatica a distendersi sul letto disfatto. La ragazza guardava un pò scossa il suo colorito, che passava dal verdognolo al rosso a seconda delle zone del viso. Gli occhi erano molto scavati e l'espressione era accesa, quasi delirante. Pur essendo un uomo di mezza età, sembrava un anziano.
"Lo so!" disse lui, accorgendosi del suo sguardo "Mi danno solo pochi giorni di vita!"
Ma bruscamente cambiò discorso e tono, diventando più confidenziale "E' arrivato il momento di raccontarle come mai fossi a conoscenza dell'esistenza di questa misteriosa specie. Ero bambino e andavo spesso nello studio di mio padre, anch'egli chimico. Quel giorno era nel bel mezzo di un esperimento e la stanza era piena di fumo. Fu in mezzo a quel fumo che per un attimo li vidi. E' un ricordo molto vago, ma in base a quello, ho tentato di ricostruire a cosa stesse lavorando mio padre e quali elementi chimici stesse usando a quel tempo".
Fece una smorfia sofferente "Purtroppo, poi c'è stato quell'incidente e non ho potuto portare a termine il progetto... Sono stato imprudente..." intanto tossiva.
"Si riferisce alla sparatoria dell'ospedale? Ma non ho mai capito... Perchè l'ha fatto?" intervenne la ragazza.
"Era una prova!" bofonchiò l'uomo con il tono infastidito di chi non vuole parlarne e intanto dal letto le indicava un paio di occhiali poggiati su un vecchio comò.
"Vada fuori al terrazzino e li inforchi!".
La ragazza fece come le aveva detto, uscì sul minuscolo terrazzino e indossò gli occhiali, guardando verso la strada sottostante.
Tutti i colori erano virati. Le auto scorrazzavano veloci e la gente passeggiava. Ma sopra di loro le apparvero improvvisamente strane ombre, forme simili a nuvole di vari colori e dimensioni! Tolse gli occhiali spaventata e si voltò verso l'uomo con gli occhi sbarrati. Ma lui, calmo, le fece segno con la mano di rimetterli. In parte rassicurata, la ragazza si voltò e li inforcò di nuovo. Le incredibili forme ondeggiavano lentamente, muovendosi sopra le teste degli ignari passanti grazie a lunghi filamenti che partivano da quelle masse eteree e scendevano giù a mò di gambe. Altri filamenti si muovevano nell'aria, come lentissime fruste.
Intanto il dottore, che si era alzato con grande sforzo e si era messo a fianco a lei, indicando col braccio in basso, le disse con voce rauca "Guardi bene! Guardi le persone!"
Cielo! Le punte di alcuni di quei filamenti erano conficcate nei corpi di vari passanti, ma questi continuavano a camminare e a svolgere le loro attività, come se nulla fosse.
"E guardi lì!" disse ancora il dottore, indicando a destra sopra gli edifici, oltre i quali si potevano vedere gli ultimi piani dell'ospedale. Sopra il tetto, un gran numero di queste forme stava accalcato, con i filamenti che passavano attraverso i vetri delle finestre ed entravano all'interno.
"Ha capito? Ha capito perchè quella volta ho sparato in ospedale?"
La ragazza era inchiodata.
"Non sei riuscita a capire cosa sono? E' semplice, sono le malattie! Sono loro la specie misteriosa e sono loro la specie dominante! Noi crediamo che siano i virus o i batteri, o le disfunzioni del nostro organismo a provocare le malattie e ad ucciderci, invece è il contrario! Sono questi parassiti che, cibandosi della nostra energia, ci indeboliscono. Quando siamo indeboliti, l'organismo non ha più difese sufficienti, così batteri e virus riescono ad entrare. E lo stesso vale per le cellule, che non riescono più a lavorare bene!".
Tossiva "E ora girati! Guardami!"
La ragazza si girò verso di lui "Oddio!" .
La punta di un enorme filamento azzurrognolo era conficcata nell'addome del dottore. La ragazza arretrò istintivamente e nel farlo, guardando in alto si accorse che dietro di lui, in un angolo del soffitto che occupava completamente, stava una di quelle forme nuvolose, il proprietario di quel filamento. Partendo dalla sua massa, altri filamenti si muovevano ondeggiando lentamente.
La ragazza era indietreggiata fino ad urtare col bacino contro l'inferriata del terrazzino e teneva le mani ai lati degli occhiali, indecisa se toglierli o meno. Era sul punto di svenire, ma il dottore lo intuì e la rassicurò. "Calma! E' tutto sotto controllo! Non svenire adesso, che mi servi!"
Tossì orribilmente e riprese con un sorrisino "Io lo chiamo John, ci convivo da circa un anno, ma solo ieri ho potuto vederlo, grazie a questi occhiali che finalmente sono riuscito a costruire. All'inizio ha fatto impressione anche a me! Ma tranquilla, tranquilla! Non ti farà niente finchè ha una preda! Hai portato quello che ti ho chiesto?"
La ragazza era ancora al limite dello svenimento, ma la sensazione che da lei dipendesse la vita o la morte del dottore la teneva in piedi. Senza rispondere, tirò fuori dalla tasca un sacchettino di plastica con della polvere bianca.
Il malato intanto si era nuovamente, faticosamente seduto sul letto. Il filamento lo accompagnava nei movimenti come un tubo flessibile e leggero, mentre la massa stava immobile nell'angolo del soffitto.
"Devi mescolare quattro grammi di quella polvere con quella miscela che ho preparato lì, dentro quel vasetto di vetro! Deve essere preciso e perfettamente mescolato! So che lo sai fare, ma per farlo devi togliere quegli occhiali. Dalli a me!"
La ragazza era ancora sulla soglia del balconcino e tentennava. Già il fatto di dover entrare nella stanza la terrorizzava, doverlo fare senza vedere quella mostruosità accentuava a mille la sensazione di pericolo, che ora le gridava di scappare via.
Ma tra lei e la porta, che si trovava dal lato opposto della stanza c'erano vari filamenti che si muovevano minacciosi. Capì che non c'era alternativa e allora fece come l'uomo le aveva chiesto.
Dopo qualche minuto il liquido era pronto. Il dottore lo bevve d'un sorso, dopo un laconico "Speriamo bene!".
Intanto si era messo gli occhiali e controllava. Era immobile, seduto sul letto, mentre lei era arretrata lentamente nell'angolo opposto a quello in cui aveva visto quell'essere. Sapeva che era ancora lì perchè il dottore era proprio lì che stava guardando.
Ci fu un lungo silenzio.
"Bene!" disse il dottor Virgili dopo un'infinità di secondi.
"E' riuscito? Se ne è andato? E' morto?" chiese lei, stretta nell'angolo con le mani davanti alla bocca.
"Chissà, forse. Immagino che ci vorrà un pò di tempo" rispose stanco l'uomo.
"Ma ora devo riposare. Vada e grazie!"
Il giorno dopo il dottor Virgili non c'era più.