FANTASTIC
QUALCOSA DOVEVA ACCADERE       v.3

PRESENTAZIONE
Una località turistica rimasta agli anni 70, uno scrittore fallito in vacanza forzata, una famiglia disinteressata a lui.
Tutto sembra polveroso e noioso, passato. Ma, insieme alle tempeste, proprio dal passato qualcosa di eccezionale si sta affacciando all'imboccatura del golfo e tutto a poco a poco si trasforma in un'avventura pericolosa, che coinvolgerà la proprietaria di un hotel, un ragazzo, un mostro e infine l'esercito.

INDICE
Capitolo 1 - L'ARRIVO
Capitolo 2 - L'INCONTRO 1
Capitolo 3 - L'INCONTRO 2
Capitolo 4 - L'OFFERTA
Capitolo 5 - IL SOPRALLUOGO
Capitolo 6 - LA TEMPESTA
Capitolo 7 - FACCIA A FACCIA
Capitolo 8 - OSPITI
Capitolo 9 - CONCLUSIONE
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Capitolo 1: L'ARRIVO

Quando la famiglia Bernabei arrivò all'hotel Miramare capì perché il prezzo della stanza fosse stato così vantaggioso.
Anche se l'edificio era architettonicamente dignitoso e godeva di una splendida posizione davanti al golfo, la hall aveva un look anni settanta e l'usura degli arredi lasciava intendere che la cosa non dipendesse da una scelta estetica, bensì dal fatto che da quegli anni nessuno aveva provveduto a rammodernarlo. Inoltre la loro stanza non affacciava affatto sul mare, bensì sul lato opposto, davanti a casette turistiche e campagna.
L'hotel inoltre era quasi completamente vuoto, ma la cosa era in parte giustificata dal fatto che era la fine di un'estate molto tempestosa, che aveva messo in difficoltà tutto il turismo della zona.

Tuttavia, la mamma e i due ragazzi non sembravano per nulla infastiditi dalla situazione e subito presero posto sulle piccole spiagge di ghiaia, il padre invece, che di nome faceva Ottorino, non li seguiva. Infastidito dal caldo e dalle pietre appuntite, preferiva passeggiare senza meta per il paesino.
La località aveva avuto un momento di gloria proprio negli anni settanta, che si potevano ancora avvertire nelle facciate dei negozietti che davano sulle stradine, negozietti che, come in tutte le località turistiche, vendevano solo tre tipologie di oggetti: cibo, abbigliamento e souvenir. E questo era un bel problema per il signor Bernabei, visto che souvenir e vestiti non erano di suo interesse e, come si sa, nei luoghi turistici non si può sperare di mangiar bene.
Il poverino allora si limitava a sedersi ai tavolini dei bar per sorseggiare un caffè, di solito scadente.
Così, a fine giornata i familiari stanchi e bruciacchiati si schiantavano sui letti, addormentandosi immediatamente, mentre lui rimaneva nel letto con gli occhi sbarrati, in un continuo avere caldo e freddo. Ma perché gli hotel usano i piumoni anche durante la stagione estiva? E in quella situazione faceva mente locale, segnalando a sè stesso di essere venuto in villeggiatura con la famiglia con l'obiettivo di distrarsi ma, come era già accaduto altre volte, si era trovato in una situazione che in quel contesto si poteva descrivere con una battuta: come un pesce fuor d'acqua.

Dopo i primi tre giorni di insonnia, la sera aveva deciso di fare un giro per l'hotel, cosa che secondo un suo certo ragionamento, avrebbe agevolato il sonno. In quella nuova peregrinazione aveva ben presto scoperto che sul tetto c'era una grande terrazza attrezzata con ombrelloni, vecchie poltroncine e tavolini. Molto frequentata la mattina a mò di solarium, la sera era assolutamente deserta. Cosi, il nostro amico cominciò a frequentarla, godendosi la fresca brezza in pace, spaparanzato su una poltroncina. Quella si che era una vista panoramica! Da un lato si poteva ammirare l'intero golfo, fino all'oceano! Aspettando il sonno, rimaneva lì per ore a guardare, anche se non c'era poi molto da vedere, visto che la luce della luna e quelle del paesino illuminavano a stento la scena. Ma per lui era sufficiente, tutto andava bene pur di non pensare al lavoro, che in una escalation inarrestabile andava sempre peggio. Gli sembrava incredibile di aver iniziato la carriera come giornalista e sceneggiatore, mentre ora si occupava di adeguare testi per libri per ragazzi. Un lavoro mal pagato e maleducato: i suoi clienti lo chiamavano con sgraziata urgenza e con lo stesso stile lo mollavano a lavoro finito. Il suo nome, che un tempo era posizionato in prima fila, ora languiva sul fondo, in una fitta colonnina intitolata genericamente "collaboratori".
Insomma, restava lì e quando il sonno arrivava, scendeva in camera e cercava di dormire. Con scarsi risultati.
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Capitolo 2: L'INCONTRO 1

Era ormai il quinto giorno di quello strazio che lo costringeva a passare in rassegna tutte le stradine di quell'insulso paese mentre moglie e figli continuavano nel loro frettoloso assorbimento solare. Era allo stremo, avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di non continuare a trascinarsi così. Ma in quella location, visto che non aveva alcuna intenzione di partecipare all'animazione organizzata nella piscina, né ai corsi di ginnastica o canoa, l'unica cosa che poteva fare era anche l'unica cosa che sapeva fare: scrivere.

Così, quella sera aveva deciso di portare con sé sulla terrazza anche il portatile. Era una serata particolare, nuvole veloci passavano sopra la sua testa, nascondendo e rivelando continuamente la luna.
Era nervoso e sapeva che scrivere lo avrebbe calmato. Ma scrivere cosa? Era da molto tempo che non imbastiva qualcosa di suo e non gli veniva in mente assolutamente niente. Forse avrebbe potuto scrivere delle sue posizioni filosofiche sulla vita, ma si ricordò di una delle poche frasi che aveva apprezzato di Platone: "solo un pazzo scriverebbe di cose serie" e così rinunciò.
Era lì, che cercava disperatamente un qualunque argomento, quando il vento si tese più del solito, scompigliandogli i capelli. E con il vento arrivò anche qualche goccia di pioggia. Alzò gli occhi al cielo, forse era il segno - doloroso ma in fondo liberatorio - che non era il caso di fare quella cosa, che era meglio lasciar perdere e rientrare.
Si era alzato infastidito, mettendo il portatile sotto il braccio e prima di andare si era avvicinato alla balaustra a guardare il panorama con quel tono malinconico e autocommiserativo in cui si trovava sempre a suo agio. Davanti a lui il mare scuro cominciava a rigarsi di strisce bianche che si muovevano verso la costa. Ma li, nel mezzo, improvvisamente lo colpì un movimento, o forse era un rumore, non gli era chiaro, ma istintivamente si puntò in quella direzione. Tra le onde ormai tumultuose, gli sembrò di scorgere una zona con una superficie differente dal resto, come se non vi fossero normali onde, ma vibrazioni. Dopo qualche secondo lo strano effetto era già terminato, ma subito ricomparve in una zona vicina più limitato, poi più niente. Ora pioveva di brutto e fu costretto a rientrare frettolosamente nell'hotel.

Non è necessario essere creduloni in certe situazioni. Se la noia ti assale, qualsiasi evento particolare diventa un segno che ti offre una direzione da seguire. Tuttavia, scendendo le scale, la sua parte razionale non era tanto sicura che fosse stato testimone di un fatto straordinario. In fondo cosa aveva visto? Un movimento diverso tra le onde in una zona più o meno ovale che riteneva potesse avere una lunghezza di un centinaio di metri. Forse era normale che con il mare agitato si formassero zone di turbolenza nell'acqua, oppure poteva essere stata una balena che casomai era comune da quelle parti. Arrivato al pianerottolo dove era la sua camera era già giunto alla conclusione che in effetti non era successo molto, tuttavia sentiva in cuor suo che la cosa non era finita lì e che nei giorni a venire qualcosa sarebbe successo. Qualcosa doveva succedere! Per forza! Cosi, prima di tornare in camera, continuò a scendere le scale fino alla hall deserta, si sistemò su una poltroncina appartata e appuntò sul computer quello che aveva visto.

La mattina dopo, pur non avendo dormito affatto (come al solito), era di buonumore, cosa notata e apprezzata dall'intera famiglia durante la colazione. Finita quella, come al solito le strade dei quattro si divisero, ma stavolta il nostro amico aveva progetti ben precisi. Doveva escludere che l'evento che aveva visto fosse causato da normali turbolenze o da grandi animali della zona. Cosi passò la mattina a chiedere a pescatori, negozianti e anziani del paese. Nessuno aveva sentito parlare di turbolenze irregolari e anche riguardo alle balene le risposte furono negative. I fondali erano troppo bassi e senza vegetazione, piatti di sabbia compatta. Niente balene lì.
Una mattina fruttuosa! Una volta escluse queste possibilità, aumentava la possibilità della prima ipotesi che gli era venuta in mente: un mostro marino che si aggirava in quelle acque. Cosi il pomeriggio fece un altro giro nel paesino con una nuova domanda per i paesani: se fossero a conoscenza di leggende su mostri marini della zona. Purtroppo però, anche a questo riguardo le risposte furono negative.
Mmm, alla fine di queste domande era ancora più confuso, non sapeva cosa potesse essere, ma era diventata proprio questa la sua mission: capire cosa fosse.
Cosi decise di cominciare a scrivere un preciso reportage di tutta la vicenda, fin dal momento in cui era arrivato in quell'hotel. Quando però arrivò a scrivere dell'avvistamento e dell'ipotesi del mostro, la cosa gli sembrò un pò improbabile, oltre che banale. Ma poi ritenne che il suo dovesse essere solo un lavoro giornalistico serio: niente sbilanciamenti o forzature, solo ipotesi da verificare. Alla fine non era importante se fosse banale o meno, quello che restava importante era quello che sarebbe uscito dalla sua ricerca. Soprattutto se fosse riuscito a scattare qualche foto. Accantonò subito l'idea delle foto, in quel buio non sarebbe mai uscito nulla.
La prima informazione certa era che probabilmente si trattasse di un animale notturno, per questo nessuno lo aveva mai visto. Così, ogni sera tornava sulla terrazza per controllare. Aveva anche trovato un piccolo binocolo, che tuttavia non si era rivelato utile, visto che era pressoché impossibile puntarlo nel punto desiderato.
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Capitolo 3: L'INCONTRO 2

Era ormai il nono giorno di villeggiatura e la quarta che passava ad aspettare sopra la terrazza quel qualcosa che era convinto sarebbe successo. Aveva già scritto molte pagine di quel suo resoconto bislacco, pieno di vaghe ipotesi. Stava chino sul portatile, scrivendo dei confronti con altri casi simili nella storia, quando il vento si fece più forte del solito. Ecco che gli sembrò di sentire di nuovo quel rumore dal mare. Aguzzò la vista e finalmente rivide quell'evento che aspettava da giorni. Si! L'acqua in un punto si muoveva più del solito, sempre di più.
Stava a guardare, teso come una corda di violino quando, improvvisamente, un altro rumore si aggiunse a quello del vento. Era un leggero stridio metallico ed era alle sue spalle. Voltandosi, dal lato opposto della grande terrazza vide, molto distante da lui, una figura luminosa. Era una donna, vestita con un elegante abito da sera lungo, bianchissimo. Si dirigeva lentamente verso la balaustra e trascinava dietro di sé una sedia metallica che, strisciando sul pavimento, emetteva il rumore che lo aveva fatto voltare. Lasciò perdere la donna, aveva cose più importanti da fare adesso, che non farsi distrarre da gonnelle. L'acqua infatti continuava a muoversi con un moto irregolare, che lentamente si spostava verso destra. Ora gli sembrava di vedere una forma sotto quell'increspatura, una forma scura e allungata.
Improvvisamente, gli venne in mente che avrebbe potuto chiamare la donna per far assistere anche lei all'evento, così avrebbe avuto un testimone! Si voltò per vedere se era ancora lì e chiamarla, ma la scena lo lasciò senza parole: La donna aveva accostato la sedia sotto la balaustra e provava a salirci sopra, impicciata dal vestito.
"Ma cosa fa!?" le gridò da lontano. Lei non sembrava averlo udito.
Che situazione! Ora doveva decidere se allontanarsi dalla sua postazione per intervenire sull'altro fronte della terrazza o se restare ad assistere a quell'evento tanto atteso. Le due cose sembravano inversamente, terribilmente collegate. Sentiva che se avesse mollato la posizione, avrebbe perso la scena e forse non avrebbe avuto un'altra occasione. Ma la donna ormai era in piedi sulla sedia davanti alla balaustra, barcollante nel vento. Non aveva scelta. Si mosse di scatto ed arrivò sotto di lei, gridando "Ferma! Ferma!" ma in realtà la donna era già ferma. La prese per un braccio e la tirò giù con uno strattone. Caddero entrambi a terra. "Ma cosa le salta in mente!? Cosa voleva fare?" le gridò. La donna era distesa e non rispondeva. Temette che avesse preso un colpo ala testa, ma l'odore di alcool che gli era arrivato di colpo al naso, lo tranquillizzò, era solo ubriaca. Ora era chino su di lei e le teneva la testa sollevata. La signora aveva un volto bello e sottile, sotto una vistosa chioma di capelli biondo platino, che tuttavia non le toglieva una certa eleganza. Gli occhi di lei erano semichiusi, come se guardassero in basso.
Poi si irrigidì improvvisamente e sbarrò gli occhi "Mi scusi, mi scusi!" farfugliò finalmente a capo chino, con un accento straniero. Agitava una mano, come per negare quello che era successo.
"Sono mortificata! ...Non volevo, ero ubriaca! Lei mi crede, vero? Ero ubriaca!" "Si tranquillizzi" disse lui accogliente "le assicuro che è ancora ubriaca!" La aiutò a sollevarsi dal pavimento e la sistemò sulla sedia assassina, accomodandole la grande gonna del vestito.
"Mi sono fatta trascinare dagli eventi... Mi scusi..." disse coprendosi la faccia con le mani. Piangeva "Mio padre mi ha lasciato questo hotel molti anni fa. Lui si che era in gamba! Quando l'ho ricevuto era un gioiello! Ma non mi sono accorta che, anno dopo anno, le cose andavano sempre peggio..." Si era rannicchiata tirando i piedi scalzi sulla sedia. "Non deve raccontare queste cose a me" l'aveva interrotta lui, per una forma di pudore. Ma lei continuava più forte, come per liberarsi "E oggi siamo arrivati a questo! Alla fine dell'estate chiudiamo! Che orribile fallimento!"
Lacrimava, ma poi si interruppe bruscamente e lo scrutò seria, asciugandosi le lacrime con gli avanbracci, come se fosse tornata perfettamente sobria. Si alzò risoluta "Ora devo proprio andare, sa?!" e intanto si ricomponeva la pettinatura "Mi aspettano! C'è una festicciola al piano di sotto per il fine stagione!"
"Certo!" disse lui, mentre lei si muoveva verso l'ascensore posizionato sotto una pensilina di cui lui non aveva mai notato l'esistenza.
Entrò leggera nella cabina, sorridendo lo salutò con un piccolo movimento della mano e mentre le porte si richiudevano, gli disse un "grazie" quasi impercettibile. Lui era rimasto fermo sul posto, ma dopo un attimo di confusione, si ricordò del mostro. "Oddio!" Tornò di corsa alla sua postazione a guardare.
Ma il mare era tornato normale, era tutto finito. Si avvicinò al tavolino, dove il portatile era ancora acceso. Lo chiuse, lo mise sotto braccio e si avviò alla camera.
Era calmo ora.
Del resto, desiderava solo che succedesse qualcosa. E qualcosa era successo.
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Capitolo 4: L'OFFERTA

La mattina dopo, partita la famiglia, Ottorino uscì dalla stanza per la solita passeggiata. Non aveva più fretta adesso, visto che aveva rinunciato alla storia del mostro. Stava uscendo dalla hall tranquillo, ma passando davanti alla grande scrivania della reception c'era la proprietaria ad aspettarlo. Era sorpreso perché non l'aveva mai vista prima al lavoro. La signora, sempre agghindata, stavolta in un completo dal bel colore arancione, velocemente sgusciò fuori dalla reception e si accostò a lui. Lo prese sottobraccio senza formalità e cominciò subito a parlargli della sera prima. Continuava a scusarsi per l'increscioso evento, ma senza particolare imbarazzo e nel frammezzo lo informò della sua decisione col suo accento straniero: "Ho deciso di sdebitarmi con lei!". Nonostante la reazione di lui che tentava di arretrare, lei lo prese energicamente sottobraccio e lo trascinò fuori dall'hotel, lungo una stradina che girava intorno all'edificio. "Ora le spiego" diceva lei mentre il suo ospite titubante si lasciava sballottare di buon grado, ammirando il vigore di quella piccola signora. In fondo al camminamento, svoltando sulla sinistra, era comparso un piccolissimo attracco, separato dal mare da un muro coperto da una gigantesca massa di rampicanti. Mezzo nascosto tra le fronde stava un vecchio battello con due uomini a bordo. Dalla forma, un tempo doveva essere un peschereccio. Al centro aveva una piccola cabina chiusa per il pilotaggio e sul davanti e sul retro erano state imbullonate sei lunghe panche in legno. Sulla fiancata stava una scritta sbiadita ormai illeggibile.
A quella vista lui si riprese Lei lo interruppe con un sorriso gentile "Con questo organizziamo gite lungo la costa. Oggi lo usiamo davvero poco e così abbiamo deciso di venderlo". Poi indicò le due figure "Quelli che vede sono i nostri marinai. O meglio, quello anziano è il padre, era lui l'addetto ai tempi d'oro quando c'era mio padre. Ora è in pensione e chiamiamo il figlio solo quando serve, prevalentemente per la manutenzione. Ma il padre lo accompagna sempre per insegnargli i trucchi del mestiere". I due salutarono con sussiego e continuarono a lavorare intorno ad alcune corde. "Ecco, sarei felice che accettasse di fare un giro con la famiglia. Offerto dall'hotel, s'intende!"
Lui si scherniva e dichiarava fermamente di non aver alcuna intenzione di accettare quel regalo. Tuttavia il suo cervello aveva già fatto il collegamento: avrebbe potuto approfittare di quell'offerta per andare nella zona dove aveva intravisto il mostro.
Riflettendo su questa opportunità, si decise a raccontare alla donna quello che aveva visto nelle sere precedenti e che gli sarebbe piaciuto dare un'occhiata in quella zona. Lei lo fissava con lo sguardo di chi ti considera un'idiota, seppur addolcito dal senso di riconoscenza. Tuttavia, dopo qualche frase esitante, gli occhi improvvisamente le si illuminarono e cambiò atteggiamento, offrendosi addirittura di accompagnarlo.
Così presero appuntamento per la mattina successiva.
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Capitolo 5: IL SOPRALLUOGO

La giornata era bella e il mare calmo.
All'attracco i due si sorpresero reciprocamente: lui si presentò da solo, dichiarando che la famiglia aveva altri impegni (ma in realtà non gli aveva fatto sapere nulla), lei invece lo attendeva con un abbigliamento marinaro davvero inedito, un look bianco e blu da maschiaccio, che comunque riusciva ad armonizzarsi con i capelli platinati.
I marinai erano già sulla barca ad attenderli. I due saltarono su. Sul ponte, Ottorino poté apprezzare le dimensioni del natante, che era più grande di quello che gli era sembrato il giorno prima. Calcolò a spanne che forse poteva arrivare a otto, dieci metri di lunghezza. Rapidamente partirono sulle calme acque del golfo. Sui due lati si stagliavano le creste delle coste che chiudevano lo specchio d'acqua a sinistra e a destra. Mentre la signora guardava estasiata, lui cominciò a familiarizzare con i marinai, raccontando che varie volte aveva accompagnato un amico a pescare con una barca simile e modestamente era diventato abbastanza bravo a guidarla. Così gli faceva svariate domande tipo che potenza avesse il motore, che autonomia e altri aspetti tecnici.
Poi, quando la barca si trovò vicino al punto dell'avvistamento, molto candidamente chiese loro se fosse possibile utilizzare l'ancora per pescare un pesce molto grande. I due risero, pur in tono cortese, ma la signora che aveva sentito tutto, intervenne prontamente dichiarando che era ben possibile e spinse i due marinai affinché si attivassero per effettuare la bizzarra prova. I marinai fecero notare che bisognava fermare la barca e che comunque sarebbe stata necessaria un'esca per poter pescare. In tutta risposta lui prontamente si tolse lo zainetto da cui sfilò un trancio di coda di tonno che pesava un chilo o forse due. Dopo aver portato l'ancora sul ponte, i due agganciarono l'esca e buttarono tutto giù.
Attesero un'oretta, ognuno con spirito diverso, i marinai infastiditi e preoccupati, lui carico di emozione e lei interessata e divertita.
Ma non successe nulla e si decise di lasciar perdere.
Purtroppo, mentre tiravano su la catena, l'anziano marinaio avvertì un malore e dovettero tornare in tutta fretta a terra.
Attaccarono, sbarcarono e lei prese l'auto, con la quale accompagnarono il vecchio marinaio in ospedale che lì fu trattenuto per accertamenti.
Gli altri tornarono mestamente all'hotel.
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Capitolo 6: LA TEMPESTA

A seguito di questo insuccesso, Ottorino si convinse che quando il mare era calmo il mostro dormiva in chissà quale tana e che invece si attivava solo di notte, forse addirittura soltanto durante le tempeste.
Così il giorno dopo, visto che la signora era di nuovo alla reception, senza esplicitare il proprio pensiero, parlando del più e del meno si informò se la nave potesse prendere il largo anche con il cattivo tempo. La signora lo escluse categoricamente, non si fanno gite con il mare mosso.

Erano passati due giorni dalla prova. Ottorino aveva dormito poco ed era uscito presto. Era una giornata ventosa, in cielo le nuvole diventavano sempre più consistenti e il sole compariva solo tra squarci. Il mare era scuro e le onde si infrangevano sempre più forte contro la costa, agitando le barche. Era a passeggio nella parte alta del paese, quando vide nel mare, tra le onde grosse, ancora quella strana perturbazione che aveva visto la volta scorsa. Lo prese la frenesia, doveva tentare.
Così tornò al piccolo attracco. Aveva notato che le chiavi venivano lasciate sulla barca. Provò l'accensione e il motore si avviò al primo colpo, borbottando. Le onde non erano molto alte, ma appena fuori dalla darsena si avvertiva una forte corrente. Arrivò sul posto dell'avvistamento a fatica tra le onde, ma senza intoppi.
Ancora una volta agganciò una grande esca all'ancora e la fece scendere.
Aspettava guardando in basso, affacciato al parapetto della barca. Da un lato sapeva che era una cavolata, ma era così annoiato che era convinto che, statisticamente, qualcosa doveva pur succedere.
E, incredibilmente, dopo alcuni minuti la catena cominciò a tirare. L'aveva preso?! Poteva essere qualsiasi cosa, una vecchia rete, un rottame... qualsiasi cosa. Ma poteva anche essere il mostro che stava aspettando.
Certamente doveva essere qualcosa di ben grosso perché tirar su la catena risultò impossibile. Provò allora a trainare la sua preda accendendo i motori. Ma la barca non si muoveva. Teneva il motore al massimo, ma niente. Si era quasi convinto che la catena si fosse incastrata sul fondo, quando il battello cominciò a muoversi. Ma non verso la direzione voluta, verso il largo. Oddio!! Il mostro stava trainando il battello nonostante il motore che spingeva in direzione opposta. Il motore ruggiva, tossiva, faceva un rumore pazzesco, ma senza risultati, la barca veniva trascinata verso il largo. Lui era li che si accaniva sui comandi, quando comparve una figura dietro di lui. Balzò indietro dalla paura.
Era il ragazzo! Il figlio del marinaio!
"Cosa ci fai qui? Sei pazzo? Come hai fatto a seguirmi?" Gli gridava tra il rumore delle onde e quello del motore. Il ragazzo era frastornato, si giustificò dicendo che suo padre era ancora in ospedale e lui per per poterlo andare a trovare tutti i giorni, invece di tornare a casa che era lontana, dormiva nella stiva della barca. Che disgrazia! Ma il mostro continuava a tirare e il motore cominciava a surriscaldarsi. "Non ce la fai!" gridò il ragazzo, che si era reso conto di quello che stava accadendo "devi spegnere il motore e aspettare che si stanchi!" Fecero così, ma il mostro non si stancava e continuava a sballottarli verso il limitare del golfo.
Poi il tempo si calmò e anche il mostro rallentò fin quasi a fermarsi. Allora i due riaccesero i motori per rientrare, ma niente, non riuscivano ad avanzare. Faceva buio ormai. I due si guardavano preoccupati.
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Capitolo 7: FACCIA A FACCIA

Era piena notte quando il tempo cambiò ancora. Il vento era aumentato e il mare si era nuovamente ingrossato. Anche il mostro si mosse. Stavolta correva verso la costa, mentre i due avevano rinunciato ad accendere il motore e stavano dentro la cabina, tutti spaventati e sballottati.
Ad un tratto il ragazzo saltò su, come se si fosse appena svegliato "Là, là c'è una secca! Me lo dice sempre mio padre di starci attento! Se riusciamo a portarci li, ci insabbieremo e non potrà più trascinarci! Dobbiamo accendere il motore!! " senza aspettare la risposta il ragazzo si gettò sul timone e girò la chiavetta dell'accensione ruotando il timone tutto a destra. Tossendo, con grande sforzo la barca tentava di spostarsi verso destra. Anche Ottorino adesso stava addosso al timone, spingendolo verso il basso sul lato destro. L'imbarcazione non riusciva ad annullare la spinta in avanti del mostro, ma deviava leggermente la sua direzione, così da avvicinarsi alla secca, che il ragazzo continuava a indicare concitatamente.
Finalmente la barca cominciò a sobbalzare e sentirono la sabbia che graffiava lo scafo, l'imbarcazione rallentava mentre la prua si sollevava tra stridii e scossoni. Finchè non si fermò. Ora la catena era tesissima e tirava fortissimo, sembrava spezzarsi da un momento all'altro e tutta l'imbarcazione scricchiolava, ma intanto resisteva ed era diventata come il centro di un cerchio di cui la catena era il raggio: più il mostro spingeva, più ruotava verso destra, verso la secca.
Dopo poco, tra le onde e gli spruzzi, dalla cabina i due poterono vedere qualcosa che stava emergendo dall'altro capo della catena: il muso del mostro!. Era flagellato e seminascosto dai marosi, ma da quello che si vedeva sembrava enorme, massiccio, scuro, incrostato. I due, nonostante fossero stanchi e zuppi, erano completamente presi da quello spettacolo, incantati e terrorizzati insieme.
Ma, dopo la fase di emersione, il mostro rimase immobile. Non si dibatteva, non tentava di liberarsi, né di aggredirli. Non era quello che si aspettavano. Il mostro sembrava improvvisamente morto.
Solo una trentina di metri di acque agitate li separava e i due non sapevano cosa fare, o meglio non potevano fare nulla, loro e il mostro, entrambi bloccati sulla secca. Vicinissimi nel pieno della tempesta.

Erano passate un paio d'ore e ormai era pomeriggio, quando sentirono il rumore sordo di un elicottero. Era un mezzo di salvataggio e dopo vari tentativi i due vennero imbracati e tirati su.
Agganciato a mezz'aria, lui guardava ancora attonito tra le onde il muso emerso del mostro sotto di lui. A veder bene tuttavia, non gli sembrò tanto il muso di un animale, era troppo squadrato, troppo regolare, troppo liscio nonostante fosse coperto di incrostazioni.
Poi uno sciabordio lo coprì ma subito dopo, nella risacca, ricomparve e impressi su un lato, apparvero strani segni. La carrucola lo tirava sempre più, ma non poteva sbagliare: quelli erano segni grafici.
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Capitolo 8: OSPITI

Dopo il salvataggio, i due avevano ricevuto dalla polizia l'intimazione di non rivelare nulla di quello che era successo fino all'interrogatorio che si sarebbe tenuto la mattina successiva e vennero accompagnati all'hotel, dove anche il ragazzo sarebbe restato per quella notte.
Quando arrivarono era già buio e c'era una piccola folla ad aspettarli, in prima fila la proprietaria, con un atteggiamento tra l'arrabbiato e il sorpreso. Poiché a causa della distanza e delle onde, neppure quelli che avevano assistito alla scena dalla riva erano riusciti a vedere nitidamente la scena, tutti spintonavano per chiedere cosa fosse successo esattamente. Con un secco "no comment" il due riuscirono a guadagnare le rispettive stanze. Ma una volta entrato, Ottorino si trovò davanti i familiari e dovette schivare anche le loro domande. Purtroppo non riusci a schivare la ramanzina della moglie "Ma cosa ti dice il cervello?! Rubare una barca e andare a pescare con la tempesta!!! Tu hai preso troppo sole!" Lui sorrise, pur non essendo sicuro che fosse una battuta e se ne andò a dormire. In realtà lui per primo non aveva ben capito quello che era successo o meglio, gli era sembrato tutto chiaro finché non aveva visto quei segni sul muso del mostro.

Ma non ebbe tempo di pensarci troppo. Il giorno dopo all'alba tre figure in divisa erano davanti alla camera dell'hotel. Ma la divisa non era quella dalla polizia, bensì quella dell'esercito e il tizio al centro aveva tante di quelle stellette, che si capiva subito che era un pezzo grosso. Fecero toc toc alla porta.
Lui era ancora nel letto perché aveva dormito poco. La moglie lo avvisò tutta agitata e andò ad aprire. Entrò solo l'uomo dalle cento stellette, mentre gli altri due restarono fuori la porta.
Appena dentro, chiese con sobria gentilezza ai tre familiari di attendere nella hall e a lui - ancora in pigiama - di sedersi su una poltroncina. Il generale si sedette su quella a fianco e senza tanti preamboli gli chiese "Cosa ha visto ieri?". Lui allora avviò un discorso difensivo che partiva da lontano, ma l'altro subito lo fermò. "Si, ma cosa ha visto? Cosa era quello che ha pescato? Lo ha capito?"
"Io credevo che fosse un mostro, tipo quello di Lockness, ma quando è venuto su era immobile, sembrava morto..." lui pensava di cavarsela cosi, ma il comandante aspettava in silenzio. Allora capì che la cosa era più grave del previsto e che forse era meglio raccontare tutto, così continuò "...poi, mentre mi tiravano su con il cavo dell'elicottero, ho visto quelle scritte, e quelle non stanno incise sui mostri. Allora ho capito che era un oggetto, un grande oggetto di ferro arrugginito e incrostato".
"E non ha capito che oggetto era?" Lo incalzava l'altro con gentilezza.
"Forse... un sommergibile?"

"Bene!" disse l'ammiraglio "Allora possiamo giocare a carte scoperte!". Si alzò in piedi in stile militaresco "Forse avrà capito che lei si è trovato davanti a qualcosa di grosso, qualcosa che non può essere divulgato, un segreto di stato".
"Quando i militari che vi hanno soccorso ci hanno avvisato, abbiamo fatto un sopralluogo con i nostri elicotteri. Anche se era buio e le acque erano molto mosse, dalle scritte ed altri elementi strutturali siamo riusciti a risalire al modello del sommergibile in questione e probabilmente conosciamo la sua storia e il perché fosse li." Pausa di suspense.
"È un sommergibile cinese degli anni 60. Sappiamo da fonti riservate che nel 1963 un sommergibile cinese tentò di compiere un atto di sabotaggio nelle acque ad alcune centinaia di chilometri da qui. A seguito di una grave avaria, il suo equipaggio ricevette l'ordine di abbandonarlo e di farlo affondare al largo. Sembra poi che un cargo commerciale cinese dovesse deviare dalla sua rotta per raccogliere i marinai. Una vicenda top secret."
"Cioè, quello che ho pescato era un sommergibile affondato negli anni 60 ?" Chiese allora lui nel momento di pausa.
Il militare rimase in silenzio per qualche secondo, stava decidendo se proseguire o no. "Beh, un sommergibile affondato ... non si muove. Lei ieri ha accennato ai soccorritori che siete stati trascinati per svariati chilometri. Mi conferma?" "Certo, prima verso il largo e poi dalla parte opposta, verso la riva. Sembrava che volesse liberarsi. Avremo fatto una trentina di chilometri!"
"Bene. E non ha sentito qualcosa mentre vi trascinava? Che so, rumori."
"No, assolutamente."
"Come pensa che si muovesse?"
"Beh, ovviamente io pensavo che nuotasse. Credevo che fosse un mostro."
"Ma ora che sa che era un sommergibile, come pensa che si muovesse?" Silenzio. Poi lui alzò le sopracciglia spaventato "C'erano i cinesi dentro??"
"Certo, non pensiamo che sia l'equipaggio che c'era allora a meno che non siano zombie. Non lo sappiamo ma è certo che quel somergibile aveva armi potenti. È questo il nostro problema, ed è per questo che sono qui.
Attualmente una nostra nave staziona li vicino. Aspettiamo che il mare si calmi per analizzarlo in sicurezza e devo ottenere più informazioni possibili per evitare rischi". Intanto lui pensava "ecco perché si muoveva solo di notte e durante le tempeste" "Devo chiederle di restare qui fino alla fine delle operazioni e di non rivelare alcunché a nessuno, neppure ai suoi familiari"
"Certo" rispose lui.
E il generale se ne andò.
Intanto, nonostante il mare ancora agitato, un incrociatore dell'esercito pattugliava vicino al battello e al mostro arenati. L'accesso alla spiaggia era stato vietato e proprio all'imboccatura del golfo, invisibili per il cattivo tempo, stazionavano due enormi navi: due corazzate.
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Capitolo 9: CONCLUSIONE

La mattina dopo il mare era più calmo.
Ottorino era salito sulla terrazza e da lì si poteva vedere l'incrociatore più vicino ai relitti. Dalla sua stiva comparvero tre sub, che si tuffarono con varie attrezzature.

La sera stessa il comandante era di nuovo davanti alla porta del nostro amico. Questa volta solo. "Buongiorno, tutto bene? Permesso." I due rimasero di nuovo soli. "Le ho già detto che questa è una questione militare che deve restare segreta... Ma sappiamo che lei è un giornalista e abbiamo pensato che le avrebbe fatto piacere lo scambio che le sto per proporre".
Un breve silenzio. Lui allargò le braccia in un assenso obbligato. "Se lei accetta di non divulgare la notizia, sono autorizzato a raccontarle tutta la storia e a permetterle di pubblicare questa vicenda sotto forma di racconto fantastico. Anzi l'aiuteremo a farlo. Se vuole."
Lui stava in silenzio.
"Si starà chiedendo perché le vietiamo di pubblicare un articolo e invece la spingiamo a pubblicare una storia fantastica.
In confidenza, le dirò che non possiamo creare una crisi diplomatica con la pubblicazione di un articolo, creerebbe inutili e pericolose complicazioni internazionali. Ma possiamo toglierci qualche sassolino dalla scarpa, facendo sapere per vie traverse ai governanti di quel paese che siamo a conoscenza di fatti che loro credevano segreti".
Lo guardò con fare complice "Allora, siamo d'accordo? Di solito non usiamo queste procedure."
"Va bene" disse lui incerto.
"Le avevo detto che abbiamo individuato il sommergibile e le ho raccontato la sua storia fino agli anni sessanta..." da qui cominciava la parte che lui non conosceva e il tono del narratore divenne più lento e profondo.

"Ebbene, grazie ai sopralluoghi fatti oggi, ora sappiamo che in quel frangente confuso, per errore umano o per guasto tecnico, le procedure per l'affondamento non sono andate come previsto: alcune camere stagne non si sono aperte correttamente. Il sommergibile è affondato, ma una quantità d'aria consistente é rimasta al suo interno. Questo ha mantenuto il sommergibile in una situazione instabile. L'aria non era sufficiente per tenerlo in superficie e con il mare calmo il sommergibile stava sul fondo ma, in presenza di correnti e di mare agitato, l'aria residua nelle camere stagne era abbastanza da farlo fluttuare nell'acqua ... ecco, tipo una medusa.
In questo lungo vagare è probabilmente finito nel golfo durante la grande tempesta dello scorso agosto e, sballottato dalle correnti durante il maltempo dei giorni scorsi, è stato avvistato da lei, che lo ha scambiato per un mostro marino. Poi, quando lo ha agganciato, le correnti che qui si dispongono in un flusso circolatorio, vi hanno trascinato entrambi prima al largo e poi verso la riva. Sareste tornati al largo se non foste riusciti ad arenarvi sulla secca."
"Questo è tutto".
Si guardarono.
"Allora siamo d'accordo. Qui ufficialmente abbiamo eseguito lo smantellamento di ordigni bellici. Ricapitolando: niente articoli, niente nomi di persone e località reali. Anche il titolo non deve contenere richiami specifici, deve essere generico, tipo "Il Mostro Dimenticato". Vi arriverà a casa un elenco di editori a cui potrete rivolgervi con buone possibilità di pubblicazione".
"Ora siete liberi di andare. Buona giornata a lei e alla sua famiglia."
E uscì.