FANTASTIC SERIES
L'INTRUSO v.6
Era stata un'estate terribilmente asciutta quell'anno e, pur essendo settembre, l'autunno sembrava ancora molto lontano.
Comunque Manuel ogni mattina usciva dalla sua casetta e andava nell'orto. Toglieva le erbacce, bagnava per quello che si poteva, concimava, ripuliva.
Quell'orto era tutto ciò che restava della sua passata attività di agricoltore. I figli non avevano voluto proseguire il suo lavoro e avevano preso altre vie. Uno era andato lontano, l'altra abitava nel paese vicino, ma con un lavoro e una famiglia che la tenevano molto impegnata. Così, andato in pensione, Manuel aveva venduto i campi ed aveva tenuto solo quell'appezzamento, un terreno poco più grande di un campo da tennis, che si stendeva proprio davanti casa. A seconda della stagione curava pomodori, cetrioli, legumi vari e soprattutto verze, che erano quelle che occupavano più spazio.
Ma in quel fine estate l'orto aveva preso un colore beige pallido. Più che un campo, ormai sembrava quella parte di spiaggia lontana dalla riva da dove spunta certa vegetazione secca e irta. Anche i boschi di abeti che crescevano tutt'intorno, cominciavano a fare la stessa faccia polverosa, una faccia da savana.
Non pioveva e faceva molto caldo in quel posto avvezzo a freddo e pioggia. Ma Manuel non aveva modificato di una virgola le sue abitudini. E ogni giorno andava lì.
Quella mattina si era alzato più presto del solito. Dalla finestra vedeva sulla collina di fronte il profilo del bosco ancora scuro e nel cielo che stava schiarendo, la luna, una luna piena. Indossati i soliti vestiti da lavoro, uscì di casa e si avviò nell'orto, con un secchio in una mano e un attrezzo di metallo curvo nell'altra.
Aveva fatto solo pochi passi in uno dei solchi che dividono le file di piante quando, alzando gli occhi, vide qualcosa proprio in fondo all'orto. Era una massa scura. Le coltivazioni nascondevano la parte bassa dell'imprevisto oggetto mentre la parte in alto era coperta da una chioma irregolare e arruffata. Manuel rimase immobile per qualche secondo, poi arretrò lentamente fino alla casa e si richiuse dentro.
La moglie, sentendolo di nuovo in casa, capì che qualcosa non andava e scese dalla camera da letto. Vedendolo dalla finestra, si avvicinò e guardò anche lei. La forma era a circa duecento metri dalla casa, ancora nell'ombra dell'aurora. La signora pensò che fosse un uomo dai lunghi capelli crespi seduto di spalle. Forse però era troppo grande per essere un uomo normale, doveva essere un gigante. Ma, che fosse un uomo o un gigante, cosa ci faceva lì? Perchè stava seduto nell'orto? Agitata dallo strano evento, si dava da fare per trovare il vecchio elenco telefonico, perchè ricordava che nell'ultima pagina erano segnati i numeri per le emergenze. Ma, non fece neppure in tempo a trovarlo che l'intruso era già scomparso.
La signora, ancora preoccupata, ritenne opportuno telefonare ad una sua amica più colta. Come immaginava, questa seppe darle informazioni e consigli "Certamente si tratta di un extracomunitario mia cara, perchè a volte, quando sono stanchi di girare senza meta, cercano cibo e si siedono per mangiare e riposare prima di ripartire! Devi stare vigile e, se si ripresenta, devi chiamare immediatamente la polizia!".
E l'ospite non si fece aspettare. La sua silouette nell'aurora era di nuovo lì, e la signora mise subito in pratica i consigli dell'amica.
Quando i poliziotti arrivarono però, l'intruso era scomparso. Il terreno duro e polveroso non fu di molto aiuto alle indagini, le tracce erano molto confuse, anzi non si sapeva neppure se i segni sul posto fossero davvero tracce.
La signora telefonò altre volte alla polizia, ma il risultato fu sempre lo stesso, tanto che alla quarta telefonata i poliziotti dissero che sarebbero passati, ma non passarono.
Per fortuna, quella inquietante figura non si ripresentò. Tutto sembrava essere tornato alla normalità.
Le notti successive però Manuel non riusciva a dormire bene, forse per il pensiero che quell'essere misterioso potesse essere ancora lì intorno, o forse per la luna piena. Ma più probabilmente perchè quel caldo insolito lo infastidiva.
Una notte di quelle, era sceso in cucina per bere un sorso d'acqua fresca. Guardò fuori dalla finestra come faceva sempre e si accorse che il personaggio era tornato.
Era di nuovo lì in fondo, immobile, sempre rivolto dal lato opposto, verso la collina.
Lo stesso accadde nelle notti successive. Manuel scendeva in cucina senza accendere le luci e restava dietro la finestra a guardarlo. Con il passare dei giorni, capì che l'intruso compariva la sera e si dileguava prima che il sole sorgesse. Manuel era colpito dalla sua assoluta immobilità, tanto che se non fosse stato per il fatto che compariva e scompariva, avrebbe giurato che fosse un masso coperto di una strana vegetazione.
Anche quella notte Manuel non riusciva ad addormentarsi. Era nervoso per il fatto che quell'intruso era lì accomodato senza permesso, come se fosse lui il padrone. Così decise di uscire per farsi vedere e mettere fine a quella situazione. In fondo quell'uomo stava occupando il suo terreno e, anche se finora non lo aveva fatto, avrebbe potuto rubare o rovinare quei pochi pomodori che ancora resistevano alla siccità.
Doveva mettere in chiaro che era lui il proprietario di quel posto. Così indossò l'abbigliamento da lavoro e uscì fuori, come per andare a sistemare l'orto. Ma lentamente, senza fare rumore. L'aria della notte era stranamente piacevole, rinfrescata da una leggera brezza.
Tenendo gli occhi ben fissi sull'intruso, entrò nell'orto dirigendosi verso il centro, ma poi capì che da quella posizione l'intruso non lo avrebbe notato e lui non sarebbe riuscito a vederlo in faccia. Allora preferì tornar fuori e avviarsi lungo il bordo esterno del campo, così da poterlo osservare di lato rimanendo a distanza di sicurezza. Era buio, ma più camminava lungo quel confine, più notava che la figura era stranamente inclinata in avanti e il suo profilo era troppo allungato per essere quello di un uomo, di qualsiasi etnia. Avanzò ancora, più lentamente, ma quando capì di cosa si trattava si immobilizzò del tutto. Ora vedeva chiaramente la silouette del profilo: era un leone! Un leone enorme, che se ne stava seduto immobile tra le sue piante rinsecchite! Ma come era possibile che nel suo orto ci fosse un leone!? Eppure era così, non c'erano dubbi! Manuel rimaneva immobile. Intanto pensava che un leone ha sensi acuti e quindi, secondo buon senso, probabilmente aveva già avvertito la sua presenza e se avesse voluto sbranarlo forse lo avrebbe già fatto. Ma era così immobile da sembrare una statua e, anche se non ne poteva essere certo data la distanza, i suoi occhi sembravano chiusi, forse era addormentato. Finalmente Manuel riuscì a muoversi e molto lentamente tornò dentro casa, chiuse a chiave e andò a dormire.
La mattina si svegliò più tardi e l'intruso, come al solito, non c'era. Non disse niente alla moglie e tornò nell'orto, come se nulla fosse accaduto. Doveva togliere alcune erbacce, ma con quel caldo implacabile lavorò poco e male e la sera andò a dormire presto.
La notte però si svegliò di nuovo e così decise di tornare nell'orto per ribadire il possesso del territorio. Nel buio il leone era sempre li, immobile, saldamente seduto tra le sue piante rinsecchite.
Erano tutti e due nell'orto, tra le piante, nell'aria calda mossa dalla brezza e sotto la luna piena. Manuel arrivò lentamente al centro dell'orto, indeciso sul da farsi. In fondo riteneva che il leone sapesse che era lì e questo gli bastava. Dopo qualche minuto che era lì, visto il disinteresse dell'intruso, ritenne che la sua posizione di proprietario sarebbe stata più chiara se si fosse comportato come sempre, cioè se avesse cominciato a lavorare. Lentamente, cominciò a spostarsi nel campo, controllando le varie colture e poi cominciò a togliere le erbacce, proprio come faceva di giorno. Non lontano da quell'enorme leone voltato di spalle. In alcuni momenti gli passava talmente vicino da poter vedere il leggero movimento delle spalle, che indicava che l'animale respirava.
Le cose andarono avanti così per qualche notte. Lui curava l'orto e l'altro stava immobile in fondo.
Quella notte però la situazione era diversa. Nel cielo scuro finalmente si muovevano un pò di nuvole, che nascondevano la luna e facevano sperare pioggia.
Manuel uscì come le altre volte ma, distratto da quell'inatteso cielo, solo dopo si accorse che il leone non c'era. Si guardò intorno, ma non vide nessuno. Allora si avvicinò al punto dove l'animale di solito era seduto. C'era ancora la sua impronta e accostando la mano, si accorse che il terreno era ancora caldo. Questo voleva dire che l'animale si era appena spostato. Si guardò ancora intorno con attenzione, adesso sentiva qualcosa.
Il rumore veniva dalla collina. Pensò che fosse il leone che arrivava galoppando e, preoccupato, fece per tornare a casa. Ma, aguzzando lo sguardo, sulla collina intravide un'ombra indefinita, che poi si mosse scendendo lungo il crinale e si trasformò in varie macchie scure più piccole, che si muovevano furtive. Manuel capì che non era il leone, ma che comunque era meglio tornare in casa. Chiuse a chiave la porta ed abbassò tutte le persiane, completamente.
RImase ad aspettare. I rumori dapprima erano leggeri, ma aumentavano sempre più di intensità, più vicini. Poi cambiarono, divennero agitati e furiosi, con mugolii, urti, come se intorno alla casa stesse divampando una battaglia. E in quella battaglia sentiva anche un ruggito trattenuto, sapeva che c'era anche il leone.
Poi tornò il silenzio.
Ma Manuel non aprì la porta. Tornò su in camera e si infilò nel letto, accanto alla moglie che dormiva.
La mattina dopo pioveva. Del leone non si seppe più nulla.