FANTASTIC
IMMANGIABILE       v.4

Gennaro somigliava a Ismaele. Quando la vita non gli girava per il verso giusto chiedeva una settimana di ferie, salutava tutti e si "arruolava" sul peschereccio dello zio Alfio, che poi non era davvero suo zio, ma un vecchio amico di famiglia.
Quando tornava era più rilassato, più sorridente e più abbronzato, anche d'inverno. Inoltre diventava logorroico, aveva sempre da raccontare avventure che a lui sembravano straordinarie ma che agli ascoltatori sembravano solo ordinarie storie di pesca.
L'ultima volta però, non andò come le altre. Quando Gennaro tornò, non si fece uscire di bocca neppure una virgola della settimana trascorsa in mare. A chi gli chiedeva come fosse andata, rispondeva "bene" e nient'altro.
Non che fosse cambiato, ma era come se avesse i pensieri altrove.

Finchè un giorno chiese a Carlo - un suo amico medico - di incontrarlo e si presentò a casa sua.
Alla porta aveva una faccia impenetrabile e non profferiva parola. Il medico si adeguò alla situazione e con un ampio gesto del braccio, lo invitò a entrare. Una volta nel salotto, Gennaro si guardava intorno circospetto e l'altro, intuendo il senso di quel comportamento, gli assicurò, sempre a gesti, che in casa non c'era nessun altro.
Entrambi si muovevano lentamente, come in imbarazzo, fino ad arrivare al tavolo di cristallo del soggiorno. Lì, l'ospite tirò fuori da un borsello che gli pendeva sul fianco, un pacchetto di fogli di plastica gialla e trasparente.
"Ero sul peschereccio con mio zio..." cominciò finalmente, mentre lavorava con delicatezza per aprire il pacchetto sul tavolo "Oltre a me e a lui, c'erano i soliti quattro aiutanti. Era quasi buio e dovevamo tirare su la rete. Come sempre si doveva fare la cernita di quello che avevamo pescato, mettere i pesci vendibili nelle cassette col ghiaccio e ributtare a mare tutto il resto. Non hai idea di cosa si trova oggi nelle reti...". Mentre parlava, il suo amico lo ascoltava tenendo gli occhi puntati sull'involucro, che finalmente si aprì. Tra le pieghe della plastica comparve quello che sembrava il corpo di un piccolo pesce, lungo non più di cinque centimetri.
Il medico restò deluso. La forma non era proprio quella tipica dei pesci, ma non era neppure stranissimo, poteva essere un tipo particolare di sardina. Si chinò per osservarlo più da vicino.
Dalla struttura affusolata spuntavano quattro sporgenze come due paia di pinne e ad un'estremità si allargava quella che sembrava una coda piatta. "Stavo per ributtarlo in acqua insieme al resto dello scarto, ma al tatto mi ha dato una strana sensazione..."
"Non mi sembra niente di eccezionale" interruppe in tono paternalistico l'altro, rialzando la testa.
"Si, ma" continuò Gennaro "indeciso su cosa farne, lo avevo lasciato sul ponte. Poi, preso dalle altre operazioni di pesca, sono sceso in coperta e l'ho dimenticato li...." Fece una pausa, guardando negli occhi l'amico "... E il giorno dopo l'ho ritrovato dove lo avevo lasciato!"
Silenzio.
"Quindi?" chiese l'amico medico, allargando le braccia con una certa sufficienza. "Durante la pesca, molti gabbiani seguono la barca. Quando andiamo sotto coperta a finire le operazioni, quelli divorano tutti gli scarti che trovano sul ponte. Anche i più schifosi...
Ma non questo!"
"Non questo?"
"No. Questo non l'hanno mangiato!"
L'interlocutore sollevò per un attimo le sopracciglia. Poi si chinò di nuovo sul tavolo e osservava con più attenzione il piccolo oggetto. "A guardarlo bene" disse tra il serio e il faceto "assomiglia ad un piccolo scoiattolo lungo e argentato. Ha una forma strana, ma per il resto non mi dice nulla. Sei sicuro che sia un pesce? Cioè... è un animale? " e calcò la voce sulla "è", "Non vedo neppure gli occhi. Potrebbe essere tutt'altra cosa, tipo un'alga... o lo scarto di una qualche lavorazione. Per esempio, potrebbe essere un residuo di poliuterano, quella schiuma che usano i muratori per tappare le fessure!"
Gennaro sollevò le spalle "Non lo so! Io l'ho trovato così. Ho pensato che fosse un animale morto"...
"Ma lo tengo nel frigo da quindici giorni ed è rimasto identico. E allora volevo sapere da te: un cadavere può mantenersi intatto per quindici giorni?" "Uuuuu!" fece il medico, storcendo la bocca "Difficile! Come minimo avrebbe dovuto scurirsi! Poi non sento nessun odore...".
Allora cominciò a toccarlo, prima con una penna, poi con la punta dell'indice "Non riesco a cogliere niente di speciale. Questa potrebbe essere pelle di sardina, ma anche un foglio di Domopak!".
RImasero entrambi in silenzio ad osservare l'oggetto. Era chiaro che da quel che si vedeva non si poteva capire cosa fosse.
"Potremmo tagliarlo!" se ne uscì improvvisamente il medico "Fargli un'autopsia, per vedere se ha organi all'interno o se dentro è uguale a fuori!".
Gennaro era perplesso. "Se lo tagliamo, perderemo anche quel poco che abbiamo!". Ma alla fine, non trovando alternative, si dichiarò d'accordo. Tuttavia, occorreva l'attrezzatura adatta, così l'amico propose di rivedersi il giorno dopo nel suo ambulatorio. Essendo sabato, lo studio sarebbe stato chiuso al pubblico e avrebbero potuto portare avanti l'operazione con calma.

E così fu. Sul posto si organizzarono rapidamente. Gennaro teneva la lente, mentre l'amico si occupava di tagliare l'oggetto, che era stato posizionato sul lettino.
Il bisturi tracciò un taglio lungo la linea longitudinale, ma non ne uscì alcun liquido. Allargando il taglio con pinzette di fortuna, apparvero vari strati di tessuto e questo escludeva che fosse un pezzo grezzo. Tuttavia il colore e la consistenza di questi strati sembravano gli stessi della superficie. Inoltre non c'era sangue, nè altri liquidi. Il tutto sembrava pulito, solo appena unto. Continuando a tagliare, comparivano varie altre strutture che potevano sembrare organi, ma anche qui non c'era alcun liquido e tutto sembrava avere la stessa consistenza e lo stesso effetto vagamente luccicante dell'esterno.
Anche nella zona che sarebbe dovuta essere la testa non era diverso. Le strutture sembravano forse più complesse, ma sempre dello stesso materiale.
Alla fine dell'operazione, quella strana cosa era a pezzi e i due erano al punto di partenza.
Gennaro, avvilito, propose di buttare tutto nella spazzatura e l'amico era per appoggiare l'idea quando si illuminò. "Come ho fatto a non pensarci prima! Lo studio Faveri!". Cominciò a raccogliere delicatamente i pezzi mentre spiegava all'amico perplesso che un amico di suo padre era socio in uno studio di analisi. Lui avrebbe certamente saputo dirgli qualcosa.

Due giorni dopo il pezzo era allo studio di analisi e il giorno successivo i due si incontrarono con l'analista in una stanza di quello studio.
Da dietro la scrivania l'anziano analista sorrideva rivolto all'amico medico, che intanto si era accomodato come l'altro su una poltroncina. "Mi hai fatto un bello scherzo eh, Carlo?" disse "Come hai fatto a farlo?"
Ma il medico lo guardava sorpreso. Poi capì "Ah! No! Con permesso Eduardo, si sta sbagliando, questo non è uno scherzo..." si guardavano "L'ha trovato questo mio amico una ventina di giorni fa in una rete da pesca e, nonostante l'autopsia, non siamo riusciti a capire cosa fosse".
"Autopsia? Quindi prima era un'unico pezzo?"
"Mi era sembrato un pesce" intervenne Gennaro, inserendosi timidamente nella discussione tra i due.
"Come fa a dire che era un pesce? Lo ha visto nuotare?" ribattè subito duro l'analista "No, non l'ha visto", "Non l'ho visto, l'ho trovato morto" risposero i due, sovrapponendosi. "Morto in che senso?" insistette l'analista, sistemandosi meglio dietro la scrivania. "Morto! Immobile!" rispose Gennaro gesticolando.
"Una cosa morta non è semplicemente una cosa immobile!" precisò nervosamente l'analista "Una cosa morta è una cosa che è stata viva! Le risulta che fosse viva prima?"
"Non lo so".
Passò qualche secondo prima che l'analista riaprisse bocca.
"Le analisi mi dicono che questo tessuto non è decodificabile. Quindi, certo non appartiene ad alcuna specie conosciuta".
"Fantastico!" esplose il medico "Potrebbe essere una nuova specie!" ma il suo entusiasmo si spense immediatamente, guardando la faccia dell'analista, che ora era come di pietra. I due lo guardavano e si guardavano interrogativi, aspettando che dicesse qualcosa. "Mi avete detto che i gabbiani non lo hanno mangiato...
Immaginate se, a causa di una qualche bizzarra mutazione genetica, comparisse una specie animale non commestibile, un animale inorganico. Non avrebbe predatori e in poco tempo si riprodurrebbe velocissimamente, invadendo il pianeta. Non solo. I suoi tessuti, essendo inorganici, per biodegradarsi completamente impiegerebbero centinaia di anni. Questo vuol dire che i corpi di questi animali non decomponendosi, non verrebbero riassorbiti dal terreno ma si affastellerebbero l'uno sull'altro. A poco a poco i loro corpi coprirebbero il pianeta".

Ora c'era un terribile silenzio nella stanza.
"Allora" proseguì in tono solenne l'analista, rivolgendosi a Gennaro "le chiedo di pensare bene prima di rispondere a questa domanda: Lei, questo "pesce", lo ha visto muoversi, anche solo per un attimo?"
Gennaro rimase in silenzio, con lo sguardo nel vuoto di chi cerca di ricordare qualcosa che forse non ha mai saputo. Poi, scosse la testa "No!".
Questa risposta cambiò bruscamente la situazione. Il vecchio analista si era alzato da dietro la scrivania e - inaspettatamente - sorrideva mentre si avvicinava ai due. "Bene ragazzi, come ho detto prima, sul piano professionale non posso davi alcuna risposta riguardo al materiale che mi avete portato. Tuttavia ritengo che un materiale del genere non sia idoneo alla vita. Quindi secondo me è stata una serie di eventi rarissimi e casuali a portare alla formazione di questo agglomerato che ha la forma di un essere vivente!" Era la conclusione dell'incontro.
I due si alzarono dalle poltroncine un pò ubriachi, si sorridevano tra loro come se, dopo la paura, volessero rassicurarsi reciprocamente. Si rimisero i giubbotti e strinsero la mano al vecchio analista, ringraziandolo per avergli concesso il suo tempo.
Erano già sul ballatoio quando l'analista, fermo davanti alla porta, disse "Tuttavia..." i due si fermarono e si voltarono "... se per caso doveste trovarne un altro, allora chiamate con urgenza la protezione civile." "Arrivederci!"